Bramezza conferma la chiusura dell’Hospice di Portogruaro: la città perde un importante servizio socio-sanitario di prossimità

Bramezza, il direttore generale dell’ULSS 4, non smentisce la chiusura dell’Hospice di Portogruaro, perché è un costo. Le logiche aziendalistiche e di bilancio ancora una volta, quindi, determinano la salute e la serenità delle persone.

Bramezzza parla della realizzazione dell’ospedale di comunità a Portogruaro, che non ha nulla a che vedere con il servizio di hospice, senza specificare però chiaramente il quando e punta tutto sulle cure palliative a domicilio, che però saranno anch’esse collocate nel nuovo hospice unico per Portogruaro e San Donà di Piave. 

Quindi per l’Hospice di Portogruaro è finita definitivamente. 

Sono lontane le dichiarazioni elettorali dei vari rappresentanti della Lega, dall’assessore alla sanità regionale, Lanzarin, che con un’ANSA fulminea di sabato sera – ndr. era l’8 agosto – affermava “Non c’è nessuna ipotesi di chiusura di servizio per quanto riguarda l’Hospice di Portogruaro”, a quella del consigliere regionale della Lega, Barbisan “Sono solo speculazioni”, e per finire con quella dell’attuale sindaco della Lega, Favero “Niente di più falso e, come sempre, – ndr il centrosinistra – inutilmente allarmistico dato che al riguardo non è stata assunta alcuna decisione concreta di questo tipo”

Lontani sono anche i silenzi estivi assordanti dell’ex sindaco Senatore e dell’ex vicesindaco della Lega, Toffolo, che non si sono mai espressi sulla chiusura in cinque anni. Eccheggia solo una frase emblematica dell’ex sindaco, scritta sui social solo dopo giorni di battage, che diceva “L’Hospice non si tocca”.

Il tempo delle accuse e dell’attesa è finito. La mistificazione della realtà ormai non è più necessaria: i giochi sono fatti e anche una presa di posizione da parte di tutte le istituzioni di Portogruaro unite, che ci auspichiamo e chiediamo a gran voce, chissà se farà fare retromarcia al modello sanitario di Zaia.

Il covid ci ha insegnato che i servizi e in particolare quelli socio-sanitari devono essere di prossimità per stare vicini alle persone. Questo significa cambiare completamente le strategie messe in campo negli ultimi vent’anni nella sanità veneta, da Zaia e dalle giunte di centro destra.

Invece in Veneto regna sovrano il pensiero unico del Presidente della Regione e delle persone che lui ha messo a capo delle strutture sanitarie. In nome dell’autonomia ha disarticolato la sanità veneta, vendendo fumo che si è diradato con la seconda ondata della pandemia.

La gravità della situazione afferma chiaramente che è giunto il tempo che i politici che sono stati votati con ampi plebisciti finalmente si impegnino responsabilmente per i cittadini.

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